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La formula della felicità

La formula della felicità

“Felicità”, cantavano Albano e Romina Power nel 1982, “Chiedimi se sono felice” domandava Aldo nell’omonimo film del trio comico nel 2000. Will Smith era invece “alla ricerca della felicità” nel 2006 nel film di Gabriele Muccino, mentre per Tucidide “il segreto della felicità è la libertà”. E si potrebbe continuare a lungo tanti sono i poeti, gli artisti, gli scrittori, i filosofi, ecc… che nel tempo si sono occupati della felicità.

A togliere un po’ di poesia da questa sfida di ogni individuo, insita nella natura umana stessa, sono stati però gli scienziati dello University College di Londra che attraverso una formula matematica si dicono in grado di calcolare la felicità. Per mettere a punto la formula, hanno fatto degli esperimenti con un gruppo di 26 volontari a cui è stato fatto giocare un gioco di fortuna all’interno di una macchina per la Risonanza Magnetica Funzionale. I volontari facevano scommesse con diversi livelli di rischio, che comportavano vincite o perdite di denaro. Ogni due o tre turni, il volontario dava anche un giudizio della propria felicità, in modo da incrociare i dati con la risonanza magnetica. La formula è stata poi testata su 18.000 persone, tramite una applicazione sul telefono, confermando i risultati ottenuti in laboratorio e quindi la validità della formula. Alla fine di tutto è stata realizzata un’equazione che per semplificare viene chiamata la “formula della felicità”.

In realtà la formula non spiega tanto come raggiungere la felicità od ottenerla, ma riesce a prevedere accuratamente il grado di felicità che un individuo può sperimentare in base alle circostanze e alle sue vicissitudini, rappresentando il passaggio da una condizione peggiore a una migliore. Inoltre la felicità sarebbe tanto più intensa quanto più in fretta avviene il cambiamento. Quindi a determinare la felicità non sarebbe la bella macchina, ma il momento in cui la si è comprata o mostrata a qualcuno godendosela per la prima volta. E come ogni formula matematica le conclusioni che traccia sono implacabili: innanzitutto che “la felicità non dura” perché per farla durare bisognerebbe incrementare il proprio stato con costanza e a meno che non si riesca ad incrementarlo all’infinito, bisognerà rassegnarsi al fatto che a un picco di felicità seguirà una fase di stasi, poi di aspettativa e di non-felicità.

Tornando alla formula, l’equazione non descrive la soddisfazione complessiva in un determinato momento della vita, ma prevede come il livello di felicità subisca variazioni quando vinciamo o perdiamo un premio in un semplice gioco. Inoltre, la felicità sembra essere maggiore non quando le cose “vanno bene”, ma quando vanno meglio del previsto. Sono le attese a determinare il livello di felicità, più che i risultati.

Nonostante questo, aspettarsi il peggio per essere “sorpresi positivamente” non sembra una buona strategia per la felicità: aspettarsi il peggio causa infatti una “sofferenza” continua finché non capita qualcosa di meglio.
C’è però un aspetto sottolineato dai ricercatori di cui si dovrebbe tenere conto specie quando ci si rivolge a grandi gruppi di persone (come in politica): creare grandi aspettative rende difficile rendere soddisfatte le persone, e in molti casi ridurre le aspettative può concretamente aumentare la soddisfazione delle persone per i risultati ottenuti. Grazie a questa formula, infine, sempre secondo il parere dei ricercatori inglesi, sarà possibile impiegare la matematica per curare i disturbi legati agli sbalzi di umore e depressione, perché permette di capire come chi sia affetto da disordini dell’umore può reagire di fronte alle varie situazioni che gli si parano davanti, ciascuno in un modo differente.

Per i più scettici e per chi cercasse ancora la “poesia” al posto dell’asettica formula matematica, forse può giovare far presente che la formula è stata testata solo sugli inglesi, quindi potrebbe risentire di un fattore “culturale” che ne potrebbe modificare qualche parametro se realizzata a latitudini e longitudini diverse.

Per chi volesse invece cimentarsi con l’equazione, eccola:

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